
Nel Metodo Classico tradizionale, come quello dello Champagne, per avviare la seconda fermentazione si aggiunge zucchero di canna. È ciò che permette la presa di spuma e, in base allo stile, il dosaggio finale.
Ma in Franciacorta c’è chi ha deciso di fare un passo in più verso l’autenticità. Nasce così il Metodo SoloUva, una rivoluzione silenziosa firmata da Arcari, Danesi e Rudelli: una reinterpretazione del metodo classico, che si distingue da quest’ultimo in due fasi della produzione.
La prima distinzione, probabilmente la più importante, inizia durante la vendemmia: l’uva viene raccolta a perfetta maturazione, a differenza della raccolta anticipata che avviene normalmente per il metodo classico. Solo se si raccoglie un’uva matura si può avere un mosto che esprime a pieno le peculiarità del territorio e della varietà.
La seconda differenza con il metodo classico è nella fase dell’imbottigliamento: dopo la prima fermentazione alcolica il vino viene messo in bottiglia perché svolga la seconda fermentazione. Nel metodo classico vengono aggiunti zucchero di canna e lieviti, mentre nel metodo SoloUva non viene aggiunto nessun zucchero esterno, solo gli zuccheri naturalmente presenti nell’uva. Durante la vendemmia, una parte dei grappoli viene trasformata in mosto, che verrà poi usato per la seconda fermentazione e per l’eventuale dosaggio. Tutto resta “di casa”.
Open nasce da questa stessa filosofia, ma guarda oltre i confini della Franciacorta: 100% Pinot nero dell’Oltrepo’ Pavese, è un brindisi alla trasparenza e alla coerenza di un metodo che non aggiunge, ma rivela.
